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Le origini del lago d'Idro risalgono alle glaciazioni del periodo quaternario.
Un progressivo cambiamento del clima terrestre, divenuto più rigido, avrebbe infatti provocato circa 700.000 anni fa la lenta espansione di enormi calotte di ghiaccio che, scendendo da nord, giunsero a ricoprire gran parte dell'Europa e dell'Italia settentrionale. In realtà questo non fu che l'ultimo episodio di un processo durato oltre 70 milioni di anni. Durante l'era terziaria, infatti, fenomeni orogenetici avevano dato origine al sistema montuoso alpino, mentre l'azione erosiva dei fiumi aveva successivamente scavato profondi solchi vallivi. Fra questi anche quello percorso dal fiume Chiese, il quale doveva scorrere parecchie decine di metri al di sotto del livello attuale. |
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Carta risalente alla seconda metà del XVI secolo |
Furono però i ghiacci dell'era quaternaria a modellare definitivamente la Valle Sabbia,
dandole morfologicamente l'aspetto attuale. Per almeno quattro volte essi dovettero percorrerla,
alimentati da incessanti precipitazioni nevose. Poiché il limite delle nevi perenni,
oggi fissato intorno ai 2.800-3.000 metri di altitudine,
scendeva allora fino a circa 1500 metri, gran pane delle cime valsabbine
era permanentemente ricoperta da enormi quantità di ghiaccio e neve.
A giudizio di alcuni però, delle quattro successive glaciazioni
(denominate Günziana, Mindelliana, Rissiana e Würmiana), la prima non dovette interessare il Bresciano,
arrestandosi più a nord, all'altezza di Riva del Garda. La Valle Sabbia fu tuttavia percorsa da
immani quantità di acqua, fango e detriti dovute allo scioglimento dei primi ghiacciai.
Ogni periodo glaciale fu infatti intervallato da una fase, della durata anche di decine di migliaia di anni,
caratterizzata da un clima più mite e quindi dal ritiro dei ghiacciai.
Questi lasciavano ogni volta il posto a una vegetazione via via più rigogliosa, dapprima
costituita dalle formazioni tipiche della tundra, successivamente anche da alberi di alto fusto. |
Durante la terza glaciazione (nel cosiddetto periodo mindelliano) il ghiacciaio del
gruppo dell'Adamello-Presanella, superato il Caré Alto e il monte Fumo, dilagò nelle Giudicarie,
per scendere poi ancora. All'altezza di Tione esso si congiunse con il ghiacciaio della Val Rendena
(a sua volta tributario di una lingua di quello atesino), che ha lasciato traccia di sé nel masso di
porfido di Ponte Caffaro (Balotù), simile per composizione alle rocce effusive della zona di Bolzano,
dalla quale pare dunque provenire.
Nel tratto terminale delle Giudicarie il ghiacciaio del Chiese
unitosi ancora ad una lingua di quello del Sarca penetrata attraverso la Val di Ledro, con il suo
spessore di quasi mille metri scavò più a fondo il solco in cui scendeva, riuscendo nel contempo
ad allargarlo, e diede così origine ad un bacino che più tardi fu occupato in parte da detriti
(il Pian d'Oneda) e in parte da enormi masse d'acqua di fusione. |
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Testimonianze del passaggio del ghiacciaio sono ancora oggi i depositi morenici sui quali sorge
Anfo, e quelli di Vantone, a quota 500 metri, che contengono massi di porfido, quarzite e tonalite.
Vi sono inoltre ampi strati argillosi nelle vicinanze di Idro, da secoli sfruttati per la fabbricazione di
laterizi. Superata la stretta di Idro, il ghiacciaio, dopo aver occupato anche la valletta laterale dell'Abbioccolo,
scese ancora, per arrestarsi definitivamente a monte di Barghe Tale fenomeno e i successivi sconvolgimenti apportati
dal ripetuto scioglimento dei ghiacci nelle fasi interglaciali (durante le quali dovettero originarsi, tra l'altro,
i depositi sabbiosi estesi fra Preseglie, Odolo e Sabbio, con uno spessore che raggiunge anche i 100 metri)
si ripeterono per due volte ancora, finché i ghiacci del Würm si ritirarono definitivamente circa 10-8 mila anni fa.
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