Salviamo il Lago D'Idro  
 
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MOMENTO CURCIALE PR IL DESTINO DEL NOSTRO LAGO
Pubblicato su Anfo racconta di Marzo 2002

Gli agricoltori associati della pianura
dissetata dal fiume Chiese non de-mordono, persistentemente tornano all'attacco, caparbiamente aggrediscono l'ordine millenario di un territorio, incombendo su questo come frana fangosa, al fine di arricchire le loro terre per il generale benessere. In nome dell'indorata pannocchia ch'essi producono, periodicamente tengono sotto scacco il Pirellone e con efficace persuasione ingolosiscono Viviana Baccalossi, la leonessa all'Assessorato per l'Agricoltura della Lombardia, convincendola a porsi come paladina dell'operazione "formintù". La Beccalossi, l'osso fornitole dal provvidenziale consenso del suo mondo della bassa agricola, lo tiene giustamente ben saldo e cerca di assecondare i suoi potenziali, ricchi, potenti sostenitori, i produttori della fortuna a forma di montagna di polenta.
Immagine questa che riconduce metaforicamente all'ancestrale fame assimilata a quella smisurata voglia di ingozzarsi di gnocchi e polenta di Baldus, personaggio frutto della geniale immaginazione del grande scrittore Teofilo Folengo, mantovano mezzo bresciano del '500, conterraneo dei nostri antagonisti moderni.
L'universale fame è tale che è facile gioco dimostrare a quei quattro gatti di montanari e di austeri lacustri che vale la pena sacrificare, per la causa celeste, l'integrità del loro già avaro habitat. Dove non basta il convincimento, è consentito pure l'inganno, e si paventa così di un'incombente montagna di fango, che è resa ancor più misteriosa dall' ambigua definizione di paleofrana. Senza poi mettere in conto che noi, in quanto valsabbini, valiamo nel gioco politico come il due di coppe.
Se a tutto ciò si aggiunge il fatto che i comuni lacustri hanno declinato di rappresentare direttamente i loro vitali interessi delegando a tale scopo la comunità di valle, vien facile aspettarsi perdita di peso nella contrattazione, nel definire norme e regole, nel rinnovo della concessione che per recente legge, è demandata alla Regione. Inoltre non si capisce per quale ragione il problema dell'utilizzo di un bene fondamentale quale è l'acqua sia trattato solo dall'Assessorato all'Agricoltura e non da quello dell'Ambiente o del Territorio. Se questo è il quadro, come credo che sia, in cui la preziosa acqua del bacino del Chiese viene contesa, provo sconcerto scoprendo in simile orchestrazione il senso o il concetto con cui si usa e si valuta il primario elemento, vitale per l'esistenza, come se fosse possibile considerarlo ancora un bene inesauribile e indistruttibile, proprio come si poteva forse credere nei millenni trascorsi. Ma, nel terzo millennio dopo Cristo, trovo saggio investimento non sfruttare indiscriminatamente ed alterare drasticamente la presenza naturale di questo fluido bene, bensì salvaguardarlo, quale supremo giacimento indissolubilmente legato alla nostra sopravvivenza.
Perciò prego tutti coloro che ci amministrano, perché facciano uno sforzo di mente e di coscienza, al fine di trovare preziosa l'acqua che compone il lago d'Idro ed il fiume Chiese, almeno tanto quanto trovano prezioso l'affare "formintù", nel linguaggio lombardo alla Beccalossi, che equivale al nazionale granoturco.
E, per finire, mi auguro che almeno i nostri amministratori locali, prima di siglare accordi, abbiano la compiacenza di consultare la collettività lacustre, convocandola in assemblea, come fecero i nostri avi all'inizio del secolo scorso, proprio per il medesimo motivo.

Romeo Seccamani